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Nel lavoro di tutti i giorni abbiamo bisogno di raggiungere degli obiettivi, siano essi minimi o importanti, di breve come di lungo periodo, individuali o di team: in ogni caso, il fatto che li raggiungiamo dipende non solo dalle nostre capacità realizzative, ma anche da come siamo in grado di interagire con i nostri interlocutori.

Quando dobbiamo raggiungere degli obiettivi lavorativi, abbiamo spesso bisogno della collaborazione di altre persone e, in questo senso, essere efficaci vuol dire saper influenzare positivamente gli altri e convincerli a fornirci l’aiuto e le risorse necessarie per raggiungere i risultati voluti.

Come possiamo sviluppare la nostra capacità di influenzare i nostri interlocutori?

Spesso queste persone sono nostri parigrado (se non addirittura superiori): sono colleghi, clienti, fornitori, consulenti esterni, quindi non possiamo fare leva su un potere di direzione gerarchica. Dobbiamo invece essere in grado di farci riconoscere come persone degne di fiducia, cui dare credito e supporto.

In quest’ottica possiamo definire la leadership di influenza come una competenza relazionale riferita al raggiungimento degli obiettivi lavorativi.

Tabella dei Contenuti

Ma come si può sviluppare questa leadership di influenza?

Pur consapevoli che non esiste una risposta semplice ad un tema così complesso, noi abbiamo individuato tre ingredienti – le “3 C della leadership di influenza” -, che riteniamo essere un buon punto di partenza per costruire e consolidare la nostra capacità di influenzare le persone e generare consenso sui nostri obiettivi: credibilitàcompetenza e convincimento.

È chiaro che limitare la ricetta a tre soli ingredienti possa sembrare riduttivo: si tratta ovviamente di una semplificazione ma, come tutte le semplificazioni, ci permette di razionalizzare e di concentrarci su pochi elementi per volta, senza essere sopraffatti dalla complessità della realtà.

Naturalmente il peso specifico di questi tre ingredienti andrebbe anche riferito all’ambito in cui si agisce: in ambiti più tecnici vengono richieste maggiori competenze specifiche, mentre in ambiti più relazionali possono essere più utili le abilità legate alla leadership di influenza.

Andiamo a prendere in esame le nostre 3 C della leadership di influenza.

C come CREDIBILITÀ

Già nella retorica aristotelica, il filosofo greco sottolineava l’importanza dell’Ethos (carattere, comportamento, dal greco ethikos, che significa “morale“) come una delle tre caratteristiche fondamentali dell’oratore, insieme a Pathos e Logos, per ottenere l’ascolto del pubblico: se vuoi ottenere la fiducia dell’interlocutore, per prima cosa devi essere credibile.

Siamo consapevoli che la credibilità non si costruisce in un giorno, ma non è mai troppo tardi per cominciare!

Ecco su quali aspetti possiamo lavorare per rafforzare la credibilità:

  • Esperienza e storia personale: i nostri studi, il nostro CV, le nostre esperienze passate (anche quelle negative). Tutto può contribuire a dare spessore e valore alla nostra persona. In questo senso è opportuno sapersi raccontare bene e saper valorizzare la nostra storia, mettendo in evidenza sia i nostri successi e sia ciò che abbiamo imparato dagli insuccessi.
  • Coerenza e reputazione: la coerenza è la prova del nove per qualsiasi credibilità. Veniamo valutati tutti i giorni dagli altri in base ai nostri comportamenti agiti: se predichiamo bene e razzoliamo male o se chiediamo un sacrificio che noi per primi non siamo disposti a fare, non saremo mai presi sul serio. Attenzione, però, coerenza non significa non dover mai cambiare idea: questo vuol dire piuttosto ottusità. Si può cambiare idea e persino ammettere di aver sbagliato: anche questo contribuisce a costruire una reputazione di integrità.
  • Atteggiamenti e immagine: ricordiamoci che in fondo l’uomo è sempre un animale e, come tutti gli animali, possiede una comunicazione primitiva fatta di linguaggio del corpo, di utilizzo della voce e di apparenza fisica. Lavorare su questi aspetti (senza esagerare) ci consente di apparire da subito sicuri e credibili e, quindi, degni di fiducia. L’abito non fa il monaco, è vero, ma un monaco di solito lo si riconosce prima dall’abito e poi da quello che dice e da come si comporta.
C come COMPETENZA

Questa è la parte più concreta dell’efficacia personale: tutta la reputazione del mondo non ti può aiutare, se ti mostri incompetente nel campo in cui operi. In questo caso non parliamo di soft skills, ma di competenze tecniche e specifiche di un ambito di lavoro, quelle competenze che ti permettono di ottenere risultati concreti e di apparire come esperto della materia.

Più il nostro interlocutore è un tecnico come noi, più abbiamo bisogno di mostrare la nostra competenza.

Come possiamo declinare la C di competenza?

  • Conoscenze: il sapere, ossia quanto ne sappiamo di una materia, di un prodotto, di un mercato, conoscenze approfondite ma anche trasversali ad altri campi. Più mostriamo conoscenza reale, più ci mostriamo validi come interlocutori e affidabili come persone.
  • Capacità operative: non basta la teoria, ci vuole la pratica, il saper fare. Qui ritorna anche il concetto di esperienza sul campo, di ore di volo, di saper dimostrare che sappiamo quello che facciamo.
  • Aggiornamento: mai riposare sugli allori! Il mondo va avanti, gli scenari cambiano, gli studi progrediscono e la nostra competenza può diventare presto obsoleta, se non la nutriamo tenendoci aggiornati e aperti a nuove conoscenze e a nuovi modi di lavorare. D’altronde ben sappiamo che le parole più pericolose sul lavoro sono: “Abbiamo sempre fatto così”.
C come CONVINCIMENTO

E qui entrano in scena il Logos e il Pathos accennati più sopra: la capacità di argomentare per convincere passa attraverso il saper adoperare la forza della logica per esporre i concetti e il saper utilizzare l’empatia per agganciarli alle scelte emotive dell’interlocutore. Attenzione, però, che il confine tra persuadere e manipolare può essere sottile.

Ciò non toglie che se, per essere efficaci, abbiamo bisogno della collaborazione di qualcuno, la capacità di convincere è fondamentale.

  • Comunicazione: la regina delle soft skills trova il suo posto d’onore nell’area del convincimento. Prima di poter persuadere qualcuno, dobbiamo autenticamente entrare in comunicazione con lui. E ricordiamoci che la comunicazione, di per sé, è uno strumento neutro: è il fine che ci poniamo che la rende etica o non etica. Il presupposto di base è sempre il rispetto reciproco tra gli interlocutori.
  • Assertività: fondamentale nei momenti di conflittualità relazionale. Avere un atteggiamento assertivo vuol dire avere chiari i propri obiettivi ed essere determinati a raggiungerli e, nel contempo, saper costruire e mantenere relazioni positive con l’interlocutore. Vuol dire porsi a metà strada tra l’atteggiamento aggressivo (“Io sono ok, tu no”) e quello remissivo (“Tu sei ok, io no”), utilizzando l’empatia per assorbire l’aggressività dell’altro e le argomentazioni per sostenere le proprie ragioni (“Io sono ok, tu sei ok”).
  • Negoziazione: è la forma più evoluta di comunicazione, per gestire situazioni in cui gli interessi delle parti sono apparentemente contrapposti. Va da sé che la forma di negoziazione più utile per costruire relazioni di lunga durata, ed avere efficacia personale anche in futuro, è quella win-win, dove si costruisce una soluzione da cui entrambe le parti traggono beneficio.

Come si è visto, anche a voler ridurre al minimo gli ingredienti della leadership di influenza, il risultato rimane sempre complesso e sfaccettato, ma noi pensiamo che ciascuno possa migliorare la propria leadership di influenza e la propria efficacia personale nelle relazioni di lavoro, in qualsiasi ambito e ruolo si trovi ad operare.

Fare un inventario di come siamo messi in ciascuno di questi ingredienti ci consente di focalizzare i nostri punti forti e le aree su cui dobbiamo migliorare. Se poi volete trovare nuovi spunti e metodologie per farlo… allora vi aspettiamo in aula!

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Marco Odescalchi

Le persone sono state sempre al centro dei suoi interessi, dagli studi di sociologia alla scelta di lavorare nella funzione HR in azienda. Successivamente decide di dedicarsi alla consulenza e alla formazione aziendale, mosso dall’intima convinzione che tutti possiamo avere l’opportunità di esercitare le nostre potenzialità sul lavoro per una migliore qualità della vita. Da qui alla certificazione di coach professionista, il passo è breve. Ama il suo lavoro e si ritiene fortunato ad imparare tutti i giorni qualcosa di nuovo, per sè e per gli altri.