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Ripensare il coaching dopo il lockdown

Se è vero che il coaching è una dinamica relazionale orientata all’azione, che mira al raggiungimento di obiettivi realistici attraverso la consapevolezza delle proprie potenzialità ed al successivo allenamento per il superamento delle interferenze e degli ostacoli: se, in altre parole, attraverso il coaching risulta possibile migliorare le proprie performance sia personali che professionali… allora, in un momento così complesso come quello attuale dove l’incertezza sul futuro a breve e a medio termine può farla da padrone e dove il rimettersi in gioco rischia di diventare solo uno slogan, imprigionato in un senso di inadeguatezza diffuso, forse vale la pena ripensare in modo realistico all’utilità del coaching dopo il lockdown non come medicina da ultima ratio o come moda, ma come opportunità da non trascurare.

Le interferenze e gli ostacoli sono innumerevoli

Molti sono legati al contesto e difficilmente aggredibili o superabili.

Il coaching non può aiutare in questo: sarebbe pura illusione pensare di poter creare nuove opportunità professionali dal nulla o piuttosto cambiare radicalmente situazioni critiche già esistenti e rese ancor più pesanti dalla situazione corrente a seguito del lockdown.

Altri ostacoli invece sono più vicini a noi

Spesso fanno parte di noi e quindi possono essere prima individuati e poi affrontati. Questo concetto fa parte integrante dello spirito del coaching e del pensiero di Tim Gallwey (“The inner game”), uno dei fondatori del coaching moderno.
Si tratta spesso di disagi legati ad una costante e pericolosa perdita di energia personale legata a prolungate ed obbligate situazioni di attesa, tipiche di questi momenti di isolamento forzato: l’energia va rimessa in moto e riattivata attraverso momenti di confronto, di riflessione e di rielaborazione da un lato e azioni concrete dall’altro.

Il modello delle quattro “energie”

Loehr & Schwarz (“The power of full engagement”, 2003) individuano chiaramente le quattro “energie” che necessitano di essere riattivate: l’energia fisica come punto di partenza e, a seguire, l’energia mentale, quella definita spirituale in quanto legata alle convinzioni personali ed etiche, ed infine quella relazionale, necessaria per ridare forza alle nostre emozioni.

Il coaching come allenamento

Ecco quindi che il coaching si può sviluppare attraverso il suo significato originale di “allenamento”, con la definizione di piani di azione continui ed il perseguimento di obiettivi graduali e misurabili nell’ambito di tutte e quattro le energie. Il tutto secondo scelte individuali e non seguendo modelli predefiniti, mediante un costante ed esclusivo riferimento alle proprie potenzialità.
Si possono consolidare performance personali e professionali diverse e migliorative nel tempo, dove il coaching funge esclusivamente da attivatore inizialeIl resto, cioè il futuro, resta nelle mani della persona, del coachee, unico protagonista delle proprie scelte.

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Maurizio Del Fante

Ha avuto diverse aspirazioni nella propria vita. Da giovanissimo aspirava a fare il calciatore e poi il giornalista: grande passione ma modesto talento, per cui si è fermato ai livelli interregionali (come calciatore) e ad alcune testate locali (come cronista).

Come consulente e come formatore invece talento e passione hanno funzionato un po’ meglio: dopo una breve esperienza aziendale ha fondato una società di consulenza, ha svolto e continua a svolgere attività formative e consulenziali presso le più importanti aziende italiane ed internazionali, è docente presso l’Università di Castellanza (LIUC) in diversi Master aziendali.

L’ultima sua passione è il coaching: dopo alcuni percorsi formativi di accreditamento ha partecipato alla fondazione di AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti) dove ha ricoperto per diversi anni la carica di Vice Presidente ed è attualmente membro della Commissione Etica. Ha svolto più di cento percorsi di coaching nell’area Business e Corporate.