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La Generazione Y (i Millennial), sta perturbando le giornate, e talvolta anche le notti, dei “Capi” delle aziende che la devono gestire! Vediamo insieme 4 idee per cambiare la situazione…

Chi, come noi, si occupa di formazione manageriale è fortemente coinvolto dal fenomeno: all’inizio abbiamo visto affacciarsi le prime timide domande durante i corsi di People Management.

Poi abbiamo ricevuto la richiesta delle aziende di inserire nei corsi un “Capitolo” sulla gestione dei Millennial.

Fino ad arrivare, oggi, a dover rispondere alla precisa richiesta di corsi di People Management con focus sui Millennial o addirittura corsi specifici di Gestione del “problema” Millennial.

Tabella dei Contenuti

Ma chi sono i Millennial?

Sul web troviamo un’infinità di definizioni per inquadrare la generazione Millennial, anche detta generazione Y, talvolta molto discordanti tra loro.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza senza dare confini troppo netti a questa generazione…

Possiamo definire Millennial tutti i nati tra gli inizi degli anni ’80 e la fine degli anni ’90.

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Perché i Millennial stanno agitando le aziende

Il problema esiste: i Manager sono spesso dei Baby Boomers (i nati tra il ’45 e i primi anni ’60) o delle Generazione X (i nati tra i primi anni ’60 e i primi anni ’80) e si trovano a disagio nel gestire collaboratori con sistemi valoriali e motivazionali molto diversi dai loro.

E non è solo un problema manageriale!

Credo sia, come sempre, un mix tossico, composto sicuramente da una buona dose di inadeguatezza manageriale, ma anche di organizzazione del lavoro e di strategie organizzative che sono rimaste indietro di fronte al cambiamento delle necessità generazionali.

Il famoso gap generazionale di cui si parla tanto in azienda…

Cosa dovranno cambiare le aziende per trattenere i Millennial?

Molte cose come organizzazione del lavorotempiluoghi e strumenti, dovranno cambiare in futuro.

E non potranno non farlo perché saranno spinte da due violente forze: i Millennial che diventeranno “coloro che decidono” (AD & Co.) e l’ingresso nelle aziende della generazione Z (i nati dalla fine degli anni ’90 in poi).

Nel frattempo, vorrei dare qualche consiglio ai capi che stanno vivendo oggi il problematra l’incudine dell’engagement dei collaboratori Millennial e il martello delle aziende preoccupate per il turn-over e l’employability.

I Millennial e la metafora dei videogiochi

Qualche anno fa ho letto un ottimo libro di Jane McGonigal – La realtà in gioco (Apogeo), dal quale ho tratto liberamente alcuni spunti che vorrei condividere con voi.

Jane è una psicologa che lavora nel settore dei videogames.

Si occupa di come rendere i giochi accattivanti e coinvolgenti tanto da generare le note “difficoltà a staccarsi” che ogni genitore ha osservato (e stigmatizzato) nei propri figli.

Tra le caratteristiche comuni che rendono “appealing” un gioco mi sono appuntato le seguenti:

1. Regole Chiare – è chiaro chi è amico e chi è nemico, cosa devo fare, quante vite ho a disposizione e quanti punti mi darà l’aver conquistato la spada.

2. Misurazione continua – vedo sempre il mio punteggio e, se gioco on-line, vedo il mio punteggio comparato con quello degli altri giocatori.

3. Difficoltà crescente – sono sempre a un livello di difficoltà compatibile con le mie capacità. Quando aumento le capacità passo a un livello che richiede tutte le capacità che ho più un piccolo differenziale che mi tiene in ansia positiva.

4. Costruisco un personaggio – molti dei giochi più efficaci in termini di engagement permettono la costruzione di un personaggio che cresce in termini di capacità e potere con il raggiungimento di obiettivi prestabiliti.

Vi state chiedendo qual è la relaziona tra queste 4 caratteristiche e la motivazione di un collaboratore Millennial o state già intravedendo le potentissime dritte che si possono ricavare dal mondo dei videogames?

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4 idee per aumentare l’engagement dei Millennial in azienda

Non dimentichiamo che i Millennial sono cresciuti utilizzando (e tuttora utilizzano) i videogames!

E ricercano le 4 caratteristiche che abbiamo visto in tutte le attività della vita adulta…

Qualcuno mi ha anche confessato che, dopo le 8/9 ore passate in un contesto poco chiaro, in cui non si è misuratiin cui ci si annoia perché dopo i primi mesi di panico da difficoltà elevata si passa troppo tempo a fare cose che annoiano per la loro prevedibilità e nel quale non si cresce…

Non vede l’ora di immergersi nell’amato videogame per recuperare un po’ di motivazione e adrenalina.

Siamo pratici, se come capo voglio costruire un ambiente che attragga e trattenga i Millennial devo lavorare sulla costruzione dei ruoli pensando bene a come…

Millennial & Engagement: regola 1

Definire chiaramente le regole del gioco, cosa si deve fare e cosa no, quali comportamenti e risultati mi premiano e quali mi levano punti.

Millennial & Engagement: regola 2

Sulla base delle regole chiare devo pensare ad un sistema di misurazione oggettivo (se possibile e legale anche comparato) e a un sistema di feedback continuo.

I sistemi di rating giornaliero di alcune aziende di food delivery possono sembrare un’aberrazione a noi Senior, ma piacciono ai Millennial.

Millennial & Engagement: regola 3

Costruire percorsi composti da step successivi, con incremento delle difficoltà e finestre temporali non preventivate ma connesse con i risultati raggiunti oggettivamente.

Se già dopo quattro mesi un Millennial ci dice di essere in grado di affrontare il Grande Drago perché ha già sconfitto decine di quelli piccoli e alcuni medi, lasciamolo provare!

Basta con antichi sistemi di noviziato secondo i quali solo dopo un anno di elementare gavetta posso pensare di affrontare il mio primo drago.

Il mondo è cambiato, la capacità anche e la tecnologia… Non parliamone neanche!

Al limite se questo non è possibile almeno smettiamo di ostacolare il suo progenitore: la job-rotation.

Millennial & Engagement: regola 4

Ma soprattutto cerchiamo di investire in formazionesviluppocrescita, certificazioni e patentini perché il Millennial apprezza le aziende che investono su di lui/lei, sul suo profilo professionale.

Così siamo sicuri che il Millennial rimarrà con noi in azienda?

No, se ne andrà comunque dopo qualche anno, ma almeno durante la sua presenza ci avrà aiutato ad ammazzare centinaia di draghi e non solo a lucidare due delle nostre peggiori sciabole!

Se costruiamo dei ruoli di questo tipo sono sicuro (da Millennial ante litteram) che alla fine anche qualche low performer sulla soglia della pensione potrebbe chiedervi di provare a giocare e…

Potrebbe recuperare la motivazione persa in anni di attività noiosa e poco ingaggiante!

Dovendo gestire Millennial penso che non ci siano alternative all’accettare i suggerimenti di Jane McGonigal e pensare a come implementarli in azienda.

Voi cosa ne pensate?

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Leonardo Paoletti

Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.