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Non la prenderò larga, cercherò invece di essere molto diretto, talvolta ai limiti del brutale: molte aziende hanno utilizzato fino a gennaio 2020 lo smart working più come un benefit pensato per dare un contentino ai dipendenti millennial o per poter scrivere qualche post “illuminato” su LinkedIn, che come un metodo per gestire in modo efficace e produttivo il lavoro in remoto.

Tabella dei Contenuti

Smart Working: da benefit a fondamentale strumento di gestione

Da questo febbraio l’emergenza pandemica ha reso lo smart working un obbligo e non più un orpello accessorio alla vita aziendale.

Queste righe non sono pensate per quelle aziende, ma soprattutto per quei capi, che hanno già utilizzato questa nuova modalità lavorativa in modo estensivo: loro sanno già quello che vi dirò e possono essere dei riferimenti da contattare per suggerimenti.

Penso, tra i tanti, al nostro cliente Dentsu Aegis Network che lavora in Agile da anni.

Sono invece pensate per quei dei capi – uso volutamente questo termine old style – che fino a ieri incontravo in alcuni dei miei corsi manageriali e che al momento di parlare delle condizioni per fare funzionare la delega o la gestione per obiettivi, di fronte alle indicazioni di:

  • incontrare i collaboratori per la definizione degli obiettivi
  • essere disponibili ad incontri, telefonate, mail di chiarimento entro la giornata
  • inserire in agenda i timing delle scadenze condivise e controllarle regolarmente
  • fare un incontro per la valutazione dei risultati e per un feedback

mi rispondevano: “Non ho il tempo per fare tutto quello che mi dici, devo lavorare io… sai?

Queste riflessioni/indicazioni sono per voi.

Lo Smart working del team per i capi che non hanno mai tempo (adesso che è l’unica alternativa)

Attenzione. Nessuno di voi si riconoscerà immediatamente in questa categoria: le nostre autodifese personali sono efficacissime a sentire “puzza” di lavoro da fare su se stessi.

Ma, se in questi giorni di necessario rallentamento ci dedicheremo anche a una sana introspezione, forse qualche dubbio potrebbe sorgere… E i dubbi sono la classica crepa nella fortezza della resistenza al cambiamento/miglioramento.

Voglio darvi un dato a bassa precisione statistica ma ad alta significatività, rilevato nel corso dei numerosi moduli di People Management, Fundamentals of Management, Leadership 4.0, ecc. che come azienda facciamo presso numerosi clienti nazionali e multinazionali.

Spesso, trattando il tema del ruolo manageriale, chiedo ai partecipanti la stima del tempo dedicato ai collaboratori (il gestire, anche detto far fare) rispetto a quello dedicato alle riunioni, meeting, allineamenti, gestioni con il proprio capo – capo del capo e sempre più in alto – con i colleghi e con i clienti, fornitori, enti esterni ecc. (il cosiddetto fare).

Mediamente la risposta è… un esiguo 15%.

Due stili di gestione manageriale: la gestione per obiettivi e il “molla tutto e fai questo”

Quindi, dividiamo in modo draconiano il mondo, separando i capi in base allo stile manageriale pre-emergenza Covid-19 fra:

  • chi gestiva i propri collaboratori per obiettivi definiti, misurabili, tempificati ecc. (il classico SMART di ogni corso di formazione manageriale, di solito inserito nel capitolo “La delega efficace”);
  • chi invece, confidando nella assidua presenza in ufficio dei propri collaboratori, utilizzava il ben noto “molla tutto e fai questo” o peggio “cosa stai facendo? Fai questo e questo”.

Togliamo dal tavolo la tecnologia: partiamo dall’assunto che i collaboratori siano nelle proprie case con un numero telefonico attivo, un pc aziendale con la suite completa di programmi aziendali ed una VPN con cui collegarsi (nota bene: a velocità condizionate dal proprio collegamento alla rete casalingo) e con qualche sistema di videoconferenza attivo e funzionante.

Ecco allora cinque suggerimenti per i capi del “molla tutto e fai questo” che oggi sono obbligati a garantire la produttività dei propri collaboratori in smart working.

Smart Working: il primo suggerimento

Il primo suggerimento è quello di assegnare obiettivi e non mansioni.

Non è un gioco semplice: spesso confondiamo le attività, che chiameremo d’ora in poi mansioni (ad esempio registrare le fatture fornitori in ingresso), con obiettivi che riescano ad orientare la nostra collaboratrice in autonomia per almeno una settimana.

Ovviamente senza il nostro quotidiano passaggio tra le scrivanie, ora non possibile, per ridefinire le priorità.

Invento un esempio: mantenere il livello delle fatture non registrate sotto una definita percentuale dando la priorità a fornitori essenziali per il funzionamento del ciclo produttivo e con particolare attenzione a X ed Y.

Quindi passare dal:

“Ci penso io a monitorare l’andamento del lavoro sulla base delle informazioni critiche e delle priorità che ho ben in mente e che sono in grado di rivedere in continuazione

al…

Devo mettere la mia collaboratrice in grado di lavorare in autonomia almeno per una settimana dandole tutte le informazioni chiare e gli schemi mentali che la orientino verso l’obiettivo definito”.

E quindi devo pensare al mio tempo non più come ad un intrico di riunioni con l’alto, con i peers e con gli esterni, ma devo pensarlo al servizio del funzionamento della mia macchina organizzativa: il primo dovere del capo è assegnare gli obiettivi in modo tale da rendere autonomi i collaboratori.

Sospetto dei capi che mi dicono: “facciamo una video-call collettiva lunedì mattina” o di quelli che pensano di cavarsela con una riunione oceanica con tutto il team in ogni tanto.

Prescrizione 1: Il lunedì mattina è il momento di fissare con i propri collaboratori una call/video-call per definire gli obiettivi della settimana. Se avete 10 collaboratori, avrete bisogno di 10 call/video-call di durata variabile sulla base dell’autonomia, anzianità, ma anche dello stato emotivo e di motivazione del collaboratore.

È il momento di tirare fuori dal cassetto la dispensa sugli obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Achievable, Rilevanti e Tempificati, per chi non la ritrovasse essendo rimasta in ufficio). Nella riunione del setting degli obiettivi lasciate ampio spazio alle domande, chiarimenti e dubbi della collaboratrice e quindi mettete in agenda (o nello scheduling del meeting, se utilizzate Microsoft Teams come faccio io) almeno 45 minuti ciascuno.

Smart Working: il secondo suggerimento

Il secondo suggerimento è di massimo buonsenso.

Da lunedì pomeriggio scatta il secondo dovere del capo: l’assistenza. Per quanto siate stati efficaci nella call/video-call del lunedì dovete prevedere del tempo per rispondere rapidamente alle mail, call e video-call dei collaboratori in difficoltà nel prendere decisioni.

Prescrizione 2: Lasciatevi del tempo per rispondere a dubbi, difficoltà e mancanza di chiarezza.

Non vi riempite la giornata!

Sono consapevole che l’horror vacui è dietro l’angolo e che si ingigantisce nella nostra casalinga detenzione: in ufficio poteva scattare il caffè con il collega o un meeting inutile.

Non riempitevi di video-meeting inutili che vi obbligano a mandare quei simpatici messaggi al collaboratore bloccato su una attività critica del tipo “sono in call con il big boss … ti richiamo io domani”.

Così bloccate il flusso della vostra attività principale per partecipare a meeting in cui la vostra presenza ha uno scarso valore aggiunto.

Smart Working: il terzo suggerimento

Il terzo suggerimento potete già prevederlo: la call/video-call del venerdì per la valutazione dei risultati, stati di avanzamento, milestone ecc.

Questo, secondo me, è il punto più critico.

Se abbiano dei sistemi efficaci che ci permettono di vedere i risultati in tempo reale (ma non tutte le aziende lo hanno per tutte le funzioni!), saremo tentati di utilizzare il vecchio metodo manageriale ottocentesco: “Perché perdere tempo con quelli che lavorano? Mi focalizzo sui low performers”.

Sbagliato: non sono al corrente dello sforzo con cui è stato fatto il risultato e nemmeno, in alcuni casi, che quel risultato è costato alla nostra risorsa due misere ore di attività rispetto alle otto teoriche. Dobbiamo fare un check con tutti!

Prescrizione 3: La call/video-call del venerdì con cui analizzare insieme alla collaboratrice i risultati ma anche lo sforzo, le necessità, le potenzialità non sfruttate, i problemi che ha gestito e la modalità con cui l’ha fatto.

Tutto questo deve diventare stimolo di riflessione per il fine settimana (tanto, cosa avete da fare?) per poi riassegnare obiettivi sempre più precisi e tarati il lunedì dopo.

Pensare anche a scambi di attività tra risorse, formazioni necessarie (on-line of course), video-colloqui di feedback con voi per quelli che richiedono un coaching particolare o anche semplicemente un momento di sfogo e supporto per la situazione.

Un breve appunto sulla call/video-call di feedback, su cui ho intenzione di scrivere qualcosa di più specifico. Ricordatevi tre punti chiave per le vostre valutazioni sui tempi e sui risultati raggiunti dal collaboratore:

  • la situazione oggettiva: essere in una villetta con giardino e con una connessione in fibra superveloce aiuta nel raggiungere picchi di produttività che non si possono richiedere a persona chiusa in due stanze senza terrazza con un collegamento lento;
  • i figli: la presenza di figli irrequieti e da seguire per le precarie lezioni online riduce drammaticamente la produttività;
  • il diritto alla disconnessione: i vostri collaboratori devono potersi disconnettere per fare la coda al supermercato o semplicemente una meritata sessione di pilates in streaming.

Mancano ancora due punti importanti in un momento di crisi come questo, e ricordatevi che il vostro comportamento oggi si ripagherà con gli interessi quando tutto questo sarà, sperabilmente, finito.

Interessi negativi e positivi, intendo!

Una persona con cui sto collaborando in questo momento mi ha chiesto: ha senso fare una riunione settimanale di aggiornamento pensata con qualche battuta e scambio di informazioni?

La mia risposta è stata un entusiastico sì: in questo momento è necessario far sentire il lato positivo dell’essere squadra, di sentirsi meno isolati e di vedere che l’azienda ed il capo tengono allo spirito di condivisione.

Un partecipante a questi meeting mi ha confessato: “non avrei mai pensato di provare gioia nel vedere in call la faccia del collega che detesto di più”… Miracoli dell’emergenza.

E quindi i due punti…

Smart Workinig: il quarto suggerimento

Prescrizione 4fate delle video-call di Team con l’obiettivo di fare sentire la presenza della squadra e del suo Leader (voi… a questo punto siete passati da capo a Leader, lo avete notato?), di allentare la tensione con qualche battuta ma soprattutto con il nutrire la fondamentale umana necessità di non sentirsi soli di fronte alla crisi (non per niente le crisi si gestiscono con le Task Force, e non con l’uomo solo al comando!).

Una sola avvertenza: non deve essere una kermesse di persone che si parlano addosso, quindi gestitela e preparatela in anticipo chiedendo ad alcuni collaboratori di prepararsi a sintetizzare un tema, un problema, una soluzione che possa essere condivisa con gli altri.

Ed in ultimo, lo abbiamo già accennato, utilizzate questo momento per dedicarvi allo sviluppo dei collaboratori.

Smart Working: il quinto suggerimento

Dedicatevi a sostenere, formare (anche con il nostro ausilio esterno, se credete) e sviluppare le vostre risorse.

Se riuscirete a mettere in atto questi 5 suggerimenti, credo che sarete particolarmente apprezzati dai vostri collaboratori, ma anche dai vostri capi e colleghi. E soprattutto riuscirete a fare quello che si dice nei corsi di management, ma che pochi credono profondamente: trasformare un problema in una opportunità personale di cambiare la vostra pelle manageriale da capo a Leader 4.0.

Buon lavoro!

Se avete bisogno di me, contattatemi a l.paoletti@adactaconsulting.it

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Leonardo Paoletti

Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.