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Il tempo, o meglio la sua gestione in azienda, è oggi uno dei problemi gestionali più sentiti… qualche riflessione a ruota libera credo possa essere utile come stimolo.

Con i manager delle aziende con cui lavoro uno degli argomenti più frequenti di discussione (professionale o bevendo un caffè) è la cronica mancanza di tempo che affligge chiunque abbia un ruolo gestionale.

La prima banale constatazione è che il tempo per l’essere umano è sempre stato un problema, qualsiasi sia il periodo storico o il contesto organizzativo vissuto: il tempo è l’unica risorsa personale non rinnovabile.

I soldi vanno e vengono, la salute anche, il tempo invece… va soltanto e non è rigenerabile.

Sono consapevole che, detta così, la cosa desta una sicura inquietudine, ma vorrei leggere questa inquietudine in modo propositivo: esserne consapevoli significa cercare di essere più costruttivi e impiegare il tempo nel modo migliore possibile senza sprecarne quote consistenti in attività, impegni e pratiche non allineate con il nostro “progetto di vita”.

Il tempo in azienda ha un grande valore

E le organizzazioni sono particolarmente focalizzate sulla risorsa tempo: essendo sistemi che utilizzano – retribuendolo – il tempo dei collaboratori e che misurano i risultati in termini di tempo, sono ossessionate dall’impegno del tempo e dagli sprechi.

Le organizzazioni di tipo produttivo o ingegneristico sono meno preoccupate di altre, in quanto l’utilizzo del tempo è più facilmente studiabile e standardizzabile: in una catena di montaggio del tipo mostrato da Charlie Chaplin in “Tempi moderni”, il tempo che ogni operaio deve impiegare per compiere una data attività è prestabilito e la confidenza nell’ottimizzazione del tempo è massima.

Quanto tempo occorre per far nascere una buona idea?

Ma per la maggior parte delle figure che in un’organizzazione svolgono attività “di concetto” ed utilizzano come strumento di lavoro il proprio cervello, l’ottimizzazione del tempo diventa un problema.

L’attività cerebrale non è standardizzabile (sappiamo che in alcune giornate il nostro cervello rende al massimo e in altre “poltrisce”) né è possibile stabilire dei limiti (talvolta in orario di lavoro si pensa a problemi di casa e spesso si risolvono problemi di lavoro mentre siamo in palestra o in macchina).

L’unica soluzione realistica del problema è quindi quella di responsabilizzare e formare i collaboratori alla gestione ottimale del proprio tempo per stimolarli a farne l’utilizzo migliore per loro e per l’organizzazione.

Rispondete a una domanda: quanto tempo dedicate alle vostre attività?

Circa due settimane prima dell’inizio di un corso di Time Management, invio a ciascun partecipante un breve esercizio da fare che ha come oggetto l’osservazione di una settimana “tipo” (la settimana tipo è quella in cui non avvengono stravolgimenti considerevoli della routine) definendo le attività svolte e la percentuale del tempo dedicato a ciascuna attività in ciascun giorno della settimana.

Se soffrite di mancanza cronica di tempo o di un elevato livello di stress, vi consiglio di prendervi l’impegno per una settimana di rilevare quotidianamente l’utilizzo del vostro tempo.

L’analisi può essere limitata al tempo lavorativo, ma se volete effettuare un’analisi complessiva del vostro utilizzo del tempo potete allargare la rilevazione al di fuori delle 8 ore lavorative (o 10, se siete in carriera o liberi professionisti!) ed allargarla alle 24 ore inserendo tutte le attività della vostra giornata compreso il sonno (ricordate che il dormire è un potente anti-stress), la televisione (considerate quanto tempo “perdete” davanti ad essa), il cibo (cucinare e mangiare con calma riduce lo stress), il sesso, lo sport, le relazioni con gli amici, le telefonate, ecc…

Di fronte alla proposta di effettuare una rilevazione di questo tipo, talvolta si scatena l’opposizione di qualche manager iper-stressato che afferma cose del tipo:

Io ho ben chiaro come utilizzo il mio tempo: avrei solo bisogno di una giornata di 36 ore!”

È inutile dire che sono proprio questo tipo di personaggi che rimangono più colpiti dai risultati, qualora cedano di fronte alla mia cortese ma ferma richiesta di effettuare ugualmente la rilevazione.

Da cosa è condizionata la percezione del nostro tempo?

Questa analisi, che potrebbe sembrarvi uno sterile esercizio contabile, è l’unica strada per affrontare con rigore logico il problema del tempo. Senza una rilevazione sistematica, la semplice percezione che abbiamo del tempo è troppo condizionata da:

  • lo stato in cui siamo (se siamo in ansia o stressati, il tempo disponibile sembra insufficiente, ma lo stesso tempo sembra abbondante quando siamo rilassati);
  • il nostro carattere;
  • l’urgenza che ci viene imposta da altri (un capo ansioso influisce sul margine che riteniamo necessario);
  • il contesto culturale in cui siamo inseriti (la concezione del tempo e della puntualità tedesca non è la stessa di quella indiana).

Vi invito a fare la vostra rilevazione di una settimana tipo per valutare come utilizzate il vostro tempo. Se il tempo per voi è un cruccio, sarebbe positivo utilizzare 10 minuti al giorno per “prendere in mano” il problema nel tentativo di gestirlo.

I dati raccolti sono una semplice analisi, che talvolta è già auto-esplicativa e diventa uno stimolo per identificare alcuni ulteriori passi da compiere e talvolta può portarci a sfruttare le “scoperte” fatte per prendere alcune decisioni importanti.

Se, per esempio, vi lamentate sempre di non avere tempo per leggere tutti i libri che vorreste e vi accorgete che utilizzate 2 ore al giorno per vedere programmi televisivi che non vi soddisfano e non vi arricchiscono… sapete già cosa fare!

Buon lavoro!

Se vuoi seguire un corso sulla gestione del tempo, clicca qui sotto per accedere al corso di AdActa Consulting:

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Leonardo Paoletti

Fiorentino, con dieci anni di azienda alle spalle in area HR, ha deciso di cambiare vita al cambio del millennio e seguire la propria passione di ‘insegnare’. Con Claudio Vernata ha fondato AdActa Consulting, una entusiasmante nuova avventura, nella quale valorizzare l’esperienza di quindici anni di aula e, al tempo stesso, confrontarsi con nuove idee, metodi e persone. Anni di progettazione e gestione di percorsi di formazione e sviluppo per numerose aziende lo hanno convinto che per fare questo mestiere ci vuole passione e impegno ma soprattutto bisogna… divertirsi.

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